Il numero 5 e i cinque sensi come strumenti di evoluzione e conoscenza

L’elevazione grazie al numero 5 ed ai cinque sensi:
Nulla è nella mente che prima non sia stato nei sensi.
San Tommaso d’Aquino
Sensum, la percezione totale:
Il termine “senso” proviene dal latino “sensum” participio passato di sentire, che significa percepire con il corpo o con l’intelletto.
L’uomo, una macchina perfetta, interagisce con il mondo esterno per il mezzo dei cinque sensi: vista, olfatto, gusto, udito, tatto.
Per il loro tramite analizza, studia, elabora, comprende, indaga il mondo in cui è immerso, per il loro tramite, quindi, cresce ed evolve.
I sensi nascono con l’uomo, sono connaturati in lui, con la sua crescita si sviluppano contribuendo alla sua evoluzione.
Nella storia, la concezione che si è avuta dei cinque sensi è stata ondivaga. Essendo i cinque sensi connaturati nell’uomo, essi devono necessariamente essere posti in relazione ai concetti di corpo ed anima ed essere, a loro volta, connessi all’elaborazione razionale del sentire.
Alcuni autori hanno messo in rapporto l’anima ed i sensi ma tra essi sembra esserci una disomogeneità di vedute:
William Blake affermava “L’uomo non ha un corpo separato dall’anima. Quello che chiamiamo corpo è la parte dell’anima che si distingue per i suoi cinque sensi”, intendendo così un unitarietà dell’uomo, inscindibile dal tutto, in cui i sensi sono intimamente uniti a lui grazie all’anima.
Tale impostazione risulta in contrapposizione con quella più recente fornita da Rudolf Steiner, che indica nell’anima quella parte sensibile mediante la quale il corpo fisico ha la possibilità di entrare in rapporto con il mondo esterno; infatti secondo Steiner il corpo fisico è un mero oggetto, ed è l’anima, quale entità detentrice dei sensi, che permette al primo di entrare in contatto col mondo esteriore per poter intraprendere quel percorso denso di esperienze finalizzato al miglioramento e dalla evoluzione.
Altri illustri autori hanno identificato nella presenza dei sensi il mezzo per comprendere la vera essenza realtà: Dante Alighieri scriveva “Dietro ai sensi vedi che la ragione ha corte l’ali” ed il Petrarca gli faceva eco dicendo che “Regnano i sensi e la ragione è morta”.
In tal modo si affermava la prevalenza dei sensi sulla ragione per l’attribuzione del corretto giudizio e della corretta valutazione della realtà.
Secondo Dante e Petrarca l’immediatezza nella elaborazione delle sollecitazioni che i nostri sensi colgono sono il vero aggancio alla realtà, l’analisi successiva è solo una costruzione utile per definire il metro di giudizio, il paragone, l’idea del mondo esteriore secondo la morale e l’etica dell’uomo; a tal proposito non sembra insensato richiamare Goethe che afferma “I sensi non ingannano, inganna il giudizio.”.
Il dato oggettivo che emerge fin d’ora è che i sensi servono all’uomo per capire e conoscere sé stesso ed il mondo che lo circonda, per cui vi è una direzione biunivoca degli stimoli che dall’esterno vanno verso l’interno per essere poi elaborati e restituiti alla realtà materiale mediante la comprensione ed i comportamenti; in tal senso, come detto, i sensi servono alla conoscenza intima dell’uomo e del mondo esterno.
I cinque sensi visti da vicino:
Una prima domanda che si pone l’indagatore, riguarda la funzione effettiva e simbolica dei sensi, partendo da una prima analisi essi si presentano nel seguente modo:
VISTA: Grazie ad essa l’uomo ha orientamento, percezione della profondità, con essa studia il contesto nel quale è immerso; oltre che a recepire gli stimoli esterni essa viene utilizzata, anche per riportare alla memoria il vissuto, Pertanto la vista non ha solo una funzione di analisi immediata ma anche di fissazione nella memoria di luoghi e contesti. Infine a tale senso è legata l’intuizione, la percezione (o visione) delle energie o frequenze sottili, non a caso già nel mondo orientale antico per evidenziare tale facoltà si usava l’indicazione del “Terzo occhio”.
UDITO: Esso non presiede solo alla naturale percezione di suoni e rumori ma anche all’equilibrio del corpo. il complesso meccanismo che presiede all’apparato uditivo regola anche il senso di centratura del corpo umano, si afferma, infatti che una persona assennata sia “equilibrata”. Per il tramite di tale senso vi è il collegamento alla percezione del pericolo o di attenzione. Il senso dell’udito riporta all’istintualità legata alla presenza di pericoli. Anticamente, quando gli uomini necessitavano di dover cacciare per garantirsi i sostentamento, esponendosi a letali pericoli, dovevano acuire ed affinare i sensi, tra cui, per l’appunto l’udito, il quale già prima degli altri sensi forniva la percezione di eventuali rischi. Ponendo attenzione al proprio vissuto, forse alcuni di noi avranno fatto caso ad una sensazione di allerta o di attenzione che parte o viene percepita fin dalle orecchie; D’altronde non sembrano casuali i modi di dire che vengono usati per invitare qualcuno a fare attenzione: “Stai in orecchio”, “Drizza le orecchie”.
OLFATTO: Come gli animali utilizzano questo senso per cercare le proprie prede anche l’uomo anticamente non sfuggiva a tale regola. Alcuni predatori sembra che possano sentire l’odore del sangue delle loro prede per diversi kilometri. Mediante l’olfatto l’uomo si incuriosisce, ricerca e memorizza; Infatti sembra che tale senso sia quello più legato alla memoria. A ben riflettere rimango incuriosito dal fatto che tale senso più che fare attenzione ai pericoli, è utile all’uomo per cercare beni, vantaggi, opportunità. Non è un caso che nell’immaginario collettivo dire di qualcuno che “Ha avuto fiuto!” o “Ha naso !”, (generalmente riferito agli affari, ma può esserlo per qualsiasi altro ambito), significa investirlo dell’intuizione positiva di trovare opportunità nascoste e successo per la proprio vita
TATTO: Questo senso è relativo alla vicinanza con l’altro e quindi alla intimità più stretta, sia essa amicale o sessuale. Il tatto non serve solo per trasmettere la ruvidezza, morbidezza o spigolosità di parti fisiche di luoghi che vengono visitati, ma principalmente per trasmettere istintivamente le sensazioni che vengono prodotte dalla vicinanza fisica di un’altra persona. Il tatto con un’altra persona, seppur magari di piacevole aspetto, potrebbe essere vissuto con repulsione e disagio, così come una persona di aspetto meno piacevole potrebbe trasmettere con il tatto, una sensazione di piacevolezza e accoglimento. Non a caso viene spesso utilizzata la frase “A pelle quella persona mi trasmette questa tal cosa!”, per indicare come l’uomo affidandosi a tale senso possa avvertire una immediata sensazione di legata alla presenza o meno di fiducia verso l’altro. In ultima analisi il tatto non considerato come mero mezzo fisico, ma anche come mezzo psicologico per stabilire la distanza o la vicinanza dall’altro; anche in questo caso si pensi che di una persona si tende a dire che “Ha avuto tatto!”
GUSTO: Questo senso è legato agli antichi che per poter procurarsi cibo per sopravvivere dovevano sperimentare quali frutti della natura potessero essere fruibili, edibili; con esso l’uomo antico apprendeva e sceglieva cosa assimilare nel corpo per il proprio nutrimento e sopravvivenza. Esso assieme al tatto è il senso che si sviluppa per il tramite di una assimilazione fisica, tattile dell’elemento esterno. Il gusto serviva all’uomo per orientarsi nel cercare alimenti che garantissero nutrimento, nei tempi moderni il significato si è ampliato equiparando l’avere gusto al fare o cercare qualcosa di bello, come a significare che la ricerca della bellezza nutre lo spirito e fa evolvere l’uomo.
I cinque sensi nelle religioni
Le principali religioni hanno attribuito ai sensi umani concezioni e simbolismi profondamente differenti.
I cinque sensi nell’Ebraismo:
Il mondo ebraico attribuisce grande importanza a tutti i sensi ma l’olfatto, secondo il Talmud, è considerato l’unico senso da cui l’anima trae piacere, diversamente dagli altri che danno piacere al corpo.
L’olfatto è l’unico senso a non essere stato coinvolto direttamente nel peccato dell’albero della conoscenza. Nella Genesi viene scritto, infatti, che Eva “vide che il frutto era buono“, e che Adamo “ascoltò la voce della moglie“, e ovviamente, entrambi lo toccarono e se ne cibarono. Se ne deduce quindi, che l’olfatto non viene coinvolto direttamente in tutto ciò, e grazie a questo tale senso è considerato il più spirituale tra tutti, permettendo all’uomo di scoprire e di distinguere le realtà più sottili, nascoste agli altri sensi.
Oltre a questo aspetto, sono rimasto colpito dl fatto che, secondo la Kabbala, Dio, per poter creare i mondi, nascose la sua presenza all’interno dello spazio-tempo che avrebbe poi ospitato l’universo, in modo da preservare le creature che non avrebbero potuto resistere neppure per un momento all’intensità della sua luce. In questo modo, però, le creature furono incapaci di percepire l’esistenza di Dio, che però lasciò una traccia della sua presenza mediante ad un qualcosa che l’ebraismo paragona al profumo. Pertanto l’incapacità a percepire il Divino non è considerata assoluta, ma viene lasciato uno spiraglio identificato nella percezione olfattiva.
Sebbene gli occhi non vedano e le orecchie non sentano, l’olfatto riconosce la presenza del Divino; in mancanza di prove chiare, evidenti, logiche ed inconfutabili dell’esistenza di Dio, l’olfatto spirituale ne scopre il profumo, scopre la traccia della sua presenza.
A tale riguardo Origène, teologo e scrittore greco del III secolo, illustrava le potenzialità spirituali dei nostri sensi affermando che: “La vista che può fissare le realtà superiori … l’udito, che percepisce dei suoni che non si trovano realmente nell’aria; il gusto che ci fa assaporare il pane vivo disceso dal cielo … allo stesso modo quei profumi di cui parla Paolo, che sono ‘per Dio buon odore di Cristo”
Il senso dell’olfatto, nella religione ebraica è tenuto in maggior considerazione perché esso ci comunica ciò che altri sensi sono incapaci di comunicarci, essendo completamente diverso. Secondo la dottrina ebraica “l’olfatto non tocca ma è toccato; non vede ma percepisce; non ode né gusta, ma avverte e riconosce. Ci introduce nel profondo della relazione, nell’intimità. Sa distinguere tra ciò che è impersonale e ciò che è personalissimo e unico. Percependo i diversi odori della vita ne percepisce le sfumature. La vita è respiro, e la vita ha fragranze che ci seducono. Nella preghiera possiamo avvertire i miasmi provenienti dalla pattumiera dei nostri peccati, ma anche i profumi sublimi dei momenti di vicinanza a Dio, come nel giardino dell’Eden all’inizio, con tutti i suoi alberi e fiori ben irrigati.”
Pertanto l’olfatto unisce all’invisibile, esso è espressione della vita spirituale e ci fornisce l’intuizione per distinguere il giusto dall’ingiusto, anche e soprattutto dentro noi stessi.

I cinque sensi nell’Islam:
Nella concezione islamica i cinque sensi devono essere sollecitati e abituati al piacere ed alla bellezza; il modo migliore per poter operare in tale senso è quello di ideare e costruire il Giardino.
Il giardino arabo o islamico (Rawda) rappresenta la concezione del paradiso, ovvero il luogo creato per premiare i giusti, luogo ben delimitato e definito, che rappresenta l’ordine e mantiene al suo esterno il disordine e il caos.
Come sopra detto, grazie all’ideazione del giardino, i sensi vengono sollecitati in maniera positiva: la vista viene appagata dalla varietà dei suoi colori, l’olfatto dal profumo dei fiori e delle piante, il tatto viene esaltato dalla fresca brezza che crea l’ombra degli alberi, dal contatto con le piante i fiori e i petali, mentre il gusto dai frutti succosi prodotti dalle piante, l’udito infine è appagato dallo scorrere dell’acqua, che viene identificata come voce di Dio, la quale è sempre presente all’interno dei giardini islamici.
I cinque senti nel Cristianesimo:
Nella religione cristiana i cinque sensi tendono ad occupare una posizione rilevante.
In apertura dell’articolo ho riportato una citazione di San Tommaso, il quale affermava che nulla può essere nell’intelletto se prima non è stato nei sensi. Quindi anche la fede dell’uomo in Dio deve attingere alla realtà, e radicarsi nell’accostamento dell’uomo alle persone e alle cose mediante i sensi.
Nella liturgia sono presenti parole e idee, ma in esse entrano anche tutte le manifestazioni della corporeità; infatti vedere un gesto rituale, essere toccati da una mano benedicente, ascoltare la Parola di Dio, percepire l’odore di incenso, gustare il Pane eucaristico, sono modi per connettere il credente con il significato spirituale della celebrazione.
Se non si considerassero i cinque sensi, la funzione religiosa si svuoterebbe di efficacia, la suggestione e la connessione durante le celebrazioni si spegnerebbero un po’ alla volta. Vediamone qualche esempio nella liturgia cattolica.
LA VISTA: nella liturgia cattolica la vista ha una posizione centrale; durante il suo svolgimento si “vedono cose”, si pensi, ad esempio, al gesto dell’elevazione. Nel rito cattolico il sacerdote presenta l’Ostia e il Calice perché, i fedeli adorino in essi il Cristo,
All’interno delle cattedrali sono presenti arazzi, icone, vetrate, quadri d’altare, mosaici, essi per secoli sono stati (e lo sono ancora), il punto di riferimento visivo delle chiese; ma nelle chiese non ci sono solo simboli e gesti da vedere ed è importante … vedere al di la di essi.
Infatti il simbolismo presente negli edifici sacri, unito alla celebrazione dell’officiante, dovrebbe portare il fedele ad una completa comunione spirituale col Divino
L’UDITO: la comunicazione verbale, prevede codici vocali molto articolati e differenti, nelle diverse fasi della liturgia si riscontrano diverse modalità espressive, vi è, infatti, una netta differenza tra pronunciare l’omelia e invitare i fedeli alla preghiera.
Parola, musica, silenzio: il senso dell’udito ha una sua funzione indiscutibile nel credere e nel celebrare dei cristiani, esso recepisce le sfumature che spesso la vista non riesce a codificare, creando quella ideale suggestione necessaria alla comunione dei fedeli.
L’OLFATTO: nell’antichità, Aristotele riteneva l’olfatto all’ultimo posto tra i sensi; e per Kant, nel diciottesimo secolo, esso era il meno utile alla conoscenza e il meno gratificante.
Nella realtà l’olfatto, come sopra detto, passa all’uomo un’infinità di informazioni.
All’interno delle chiese, successivamente allo stimolo visivo, è quello olfattivo che viene sollecitato, quasi sempre dall’odore della cera, dei fiori, dell’incenso. L’eccitazione del senso dell’olfatto dovrebbe essere associato, nelle celebrazioni eucaristiche, principalmente a momenti di gioia e speranza.
In quanto luoghi sacri le chiese dovrebbero avere quale essenza principale quella dell’incenso, il quale dovrebbe riportare ad una sensazione di lietezza, preparando l’animo alla ricezione della grazia divina.
IL TATTO: il primo e più chiaro esempio che viene in mente che possa coinvolgere il tatto nella liturgia cattolica è la stretta di mano che i fedeli si scambiano come segno di pace.
Un simile gesto mette l’uomo in contatto l’uno con l’altro, spostando il livello della celebrazione dall’intra-personale all’inter-personale; in tal modo dalla riflessione dentro se stessi si passa al dono, all’apertura, che l’uomo fa di se all’altro.
Come detto in precedenza, e nella liturgia sembra rafforzare tale concetto, il tatto definisce l’uomo, lo fa scoprire e lo pone in relazione con l’altro.
IL GUSTO: fino a pochi decenni fa il rito del battesimo cattolico prevedeva che il sacerdote mettesse un pizzico di sale nella bocca del neonato, dicendo, “Ricevi il sale della sapienza: ti giovi per la vita eterna”.
Dunque il gusto è stato il primo senso del bambino direttamente coinvolto nella liturgia, la prima percezione sensoriale in ambito liturgico.
Sebbene possa sembrare che il gusto sia coinvolto solo marginalmente nella liturgia, e soltanto per ciò che concerne la partecipazione all’Eucaristia, ciò non sembra essere esatto, in quanto i sapori hanno una loro parte rilevante nell’atto liturgico e nella partecipazione ad esso.
L’uomo, mediante il gusto non riesce a riconoscere al primo boccone se un cibo è buono o velenoso, È proprio questa mancanza che può mettere a repentaglio la sua vita, vi è quindi un significato se è nato il “rito sociale” di mangiare dallo stesso piatto e di bere dalla stessa ciotola, un gesto diventato col tempo dimostrazione di fiducia, di fratellanza e di condivisione.
Un dato che balza chiaramente agli occhi è che tutte le religioni, pur riconoscendo l’unità e dell’uomo, esprimono una concezione dei sensi separata, devono essere tutti soddisfatti ma separatamente, fino ad arrivare alla religione ebraica, la quale pone l’olfatto in posizione privilegiata rispetto gli altri; nelle religioni vi è separazione nella unità.
Un quesito filosofico:
Molteplici autori, filosofi e mistici, nel corso della storia, si sono posti questa domanda: se un essere completamente isolato, senza alcuna comunicazione con chiunque potrebbe, avere nozione della sua esistenza?
Chi scrive si è soffermato su tale quesito e si è chiesto come potrebbe reagire l’uomo dotato di sensi se fosse immerso nel nulla assoluto; cosa conoscerebbe? Come si comporterebbe? Che esperienza del se potrebbe vivere o sviluppare?
Sulla base di quanto sopra scritto si può solo immaginare che un uomo posto in tale condizione, non potendo percepire una realtà né visibile, né udibile, non potendo avere esperienze né tattili né di gusto e non potendo annusare alcunché, abbia come unica possibilità quella di rivolgersi dentro se stesso, rimanendo inerte senza alcuna apertura verso l’esterno, arrivando pure a dubitare della sua stessa esistenza, in quanto la mancanza di stimoli di porterebbe alla crisi della propria identità, alla spersonalizzazione: ma a ben veder tale quesito potrebbe essere affrontato anche in altro senso, in quanto l’uomo, spinto da un primario istinto di sopravvivenza, potrebbe trovare un modo, un mezzo, per portarsi alla vita, come in un estremo rito iniziatico di vita, morte e rinascita, cominciando dapprima a toccare se stesso, acquisendo una percezione di sé per poi procedere ad odorarsi ed a “gustarsi”, in tal modo entrerebbe l’udito in funzione, stimolato dagli altri sensi e la stessa vista verrebbe attivata una volta compresa la propria fisicità.
Pertanto l’uomo posto in questa particolare condizione potrebbe, ad avviso di chi scrive, divenire forza creatrice della propria realtà, infatti, tornado a Wirth, egli individua la situazione immaginata come quella in cui del Creatore prima della Creazione, una forza vitale dotata di progressiva autocoscienza, creatrice di realtà materiale e di vita.
La presenza di sensi, come detto equivale alla presenza della stessa vita, in quanto ognuno presiede ad una attività fondamentale per la prosecuzione della stessa, qualora uno di questi sia mancante o deficitario, la natura, madre ingegnosa e generosa, provvede a compensare, potenziando e affinando gli altri. Infatti, ad esempio, il solo sguardo non basta a preservare la vita e la salute, se non è supportato da un altro senso, quale può essere l’udito o l’olfatto, che lo supporta e lo avverte di pericoli imminenti.
Pertanto la mancanza di un senso può creare sbilanciamenti che talvolta possono essere compensati dalla natura, ma in altre occasione possono portare a vere e proprie patologie.
Per far un esempio molto pratico, è un dato di fatto che durante la seconda guerra mondiale i medici del regime Nazista facessero esperimenti sugli uomini e specialmente sui bambini; uno di questi esperimenti prevedeva di sottrarre i neonati alle proprie madri e accudirli senza dare loro l’attenzione dello sguardo amorevole della propria genitrice, i neonati non venivano guardati negli occhi, e questo accadeva per lungo tempo.
Il risultato che ne derivava era che, col tempo, questi bambini sviluppavano sindromi schizoidi o di disorientamento; in pratica non essendo guardati negli occhi da piccolissimi, o durante l’allattamento, tendevano a non prendere coscienza della propria esistenza e si trovavano così smarriti nel processo evolutivo.
Per i cui i cinque sensi sono il mezzo necessario per conoscere ed apprendere la realtà esterna e il mezzo necessario alla sopravvivenza; essi ci orientano, ci fanno entrare in relazione sia con l’altro che con noi stessi, servono per definire il mondo attorno a noi ed proteggerci dai pericoli.
Il numero cinque:
Nella numerologia il 5 è quel numero che attiene all’esterno; esso estrae il rigore del 4 e lo porta alla vita, alla luce; il 5 viene rappresentato come il respiro, l’anelito di vita e recentemente ho appreso che viene legato, non a caso, alla sistema respiratorio; 5 è l’uomo che viene alla luce e si realizza come tale, 5 è il pentagono, 5 è il pentacolo che attira le energie.
Questo anelito alla vita viene individuato come è simbolo dell’amore per la libertà, la sperimentazione e curiosità, il 5 è il numero della l’espansione personale, dell’apprendere nell’esistenza,
Pertanto, come in un circolo che in modo perfetto ripercorre se stesso, il numero 5 si identifica nella figura del cercatore il quale, in diverse fasi evolutive inizia col percepire se stesso ed il mondo attraverso i sensi e lo stimolo del piacere, è motivato dal desiderio e dalla curiosità vuole sperimentare la realtà attorno a sé, prosegue poi col porsi degli obiettivi e cercare il proprio scopo nei vari ambiti della vita, concludendo con il profondo apprendimento di sé mediante il viaggio interiore alla scoperta di se stesso, comprendendo che la ricerca volta verso se stesso, è la scoperta della propria spiritualità, il lavoro di mutamento ed evoluzione di se stessi.
Non sembra insensato legare tale numero alla stella a cinque punte, laddove ogni cuspide può rappresentare un senso, che sta attorno all’uomo, che lo compone, che entra nel tutto per indagare la realtà fenomenica circostante, anche quella sottile.

Pensando alla composizione della stella cinque punte ritengo suggestivo considerare come ogni cuspide possa rappresentare un senso, tutti e cinque promanano dall’uomo, mediante i quali egli restituisce, filtrata, la percezione della realtà che recepisce, pertanto, ci si può spingere ad affermare che con tale procedimento egli crea, interpreta e comprende la propria realtà.
Pensando a questi mirabili strumenti di cui la natura ha dotato l’uomo, un’altra domanda si pone insistente: vi è un senso che prevale sull’altro? L’olfatto prevale sul gusto? La vista prevale sul tatto o sull’udito?
Tralasciando casi eccezionali di uomini eccelsi che hanno fatto di un dono naturale il proprio tratto distintivo per raggiungere i più alti livelli di bellezza (Mozart e Beethoven erano dotati di Orecchio assoluto), credo che la natura abbia parimenti calibrato la presenza dei sensi nell’uomo; un senso non prevale sull’altro se non nel particolare contesto che la persona sta vivendo (in una concitata partita di calcio la vista, l’udito ed il tatto saranno più sollecitati del gusto e dell’olfatto).
I sensi sono anche utilizzati per definire l’uomo non solo nel suo rapporto nel mondo esterno come poc’anzi detto, ma anche per definirlo come personalità, come inclinazione nel suo rapporto con essa; non è forse vero che parlando con una qualsiasi persona ci sentiremmo dire, oppure noi stessi potremmo iniziare alcune frasi con l’esclamazione “Guarda!”, oppure “Ascolta!”; ebbene, ponendo l’attenzione su questi aspetti che potrebbero sembrare banali, in realtà avremmo ben chiaro un aspetto di chi siamo noi o chi è la persona con la quale stiamo avendo la conversazione: in un caso egli sarà più propenso a vedere, o ad immaginare le cose, per poterle comprendere pienamente, mentre nell’altro caso il soggetto in questione tralascerà la suggestione delle immagini per concentrarsi sulle parole e capire il significato del discorso; pertanto alcuni sensi possono essere usati come mezzo di conoscenza per capire e sviluppare la relazione con l’altro.
La presenza dei cinque sensi è collegata alla nostra persona ma anche alla parte più profonda di noi, quella parte ancestrale e animale, quella parte antica che presiede alla istintività primordiale; ma proprio partendo da questi centri “antichi” presenti nel nostro corpo (ad esempio L’amigdala), i sensi , ed in particolare la vista e l’olfatto, possono essere influenzati per un miglioramento ed elevazione della condizione dell’uomo, già partendo dalla sua psiche.
Diversi studi hanno infatti dimostrato come porre attenzione su determinati tipi di musica o di immagini possano portare a flussi di coscienza “diversi”, tali da causare vere e proprie rivoluzioni cellulari nel corpo umano.
Coinvolgendo in tal modo i sensi, l’uomo crea la condizione per attuare la sua evoluzione ponendosi come forza creatrice di una realtà più “alta” che possa portare beneficio a prima a se stesso e di conseguenza al mondo esterno per migliorarlo col proprio incessante lavoro.
L’intuizione:
L’estensione e l’approfondimento della sensibilità per il tramite delle esperienze, lavorano all’interno dell’uomo per favorire la nascita di un fattore che ritengo unificante dei cinque sensi: l’intuizione.
Il termine “intuizione”, deriva dal latino intueor, in “dentro” e “tueor” guardare, ovvero guardare dentro, si rivela in maniera inspiegabile, come un lampo di genio; è interessante il fatto che in passato i neoplatonici, la considerassero come un sapere trascendentale, non razionale.
Secondo Platone le idee non erano raggiungibili attraverso la sola ragione, in quanto trascendevano il pensiero di tipo logico. Lo stesso Aristotele riteneva che sensi e razionalità non potessero percepire la verità, ovvero cogliere l’essenza delle cose, raggiungibile invece attraverso l’intelletto intuitivo.
L’intuito, a differenza del pensiero logico, non è duale, ovvero non percepisce divisioni ma l’Uno nella sua interezza, pertanto non segue la logica né la dualità, esso, secondo le filosofie orientali e la spiritualità new age, è demandato alla azione del terzo occhio, cui corrisponde il sesto chakra, “Ajna”, collocato in mezzo alla fronte, capace di vedere oltre, e conciliare, le visioni separate dei due occhi.
Sembra corretto affermare che l’intuizione scatta quando i sensi si sono affinati a tal punto da superare la percezione razionale e la superano per attingere materialmente quella energia universale in cui tutti siamo immersi.
In conclusione non sembra errato affermare che i sensi sono stati donati all’uomo come mezzo di evoluzione e conoscenza ma che, per il loro tramite, essi gli pongono un compito ed una sfida ardua, cioè quella di oltrepassare i propri limiti, e, dopo aver visitato l’interioram terrae cominciare i livelli più alti della costruzione di un sé più alto, per pervenire a stati di coscienza elevati tali, da poter percepire sempre più chiaramente l’essenza del divino e ricongiungersi ad esso nell’unità.
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