La Scala: simbolismo tra arte e tradizione

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La scala come connessione tra la dimensione terrestre e quella celeste

La scala è un oggetto il cui simbolo che ad esso presiede sta a rappresentare il collegamento fra cielo e terra, e fra morti e vivi, nella comunicazione tra Dio e l’uomo, la possibilità di ascendere al cielo. Nell’iconografia cristiana, così anche come in quella indiana esistono numerosi dipinti con le anime degli uomini rappresentate mentre salgono e scendono su una scala.

Nelle tradizioni persiana, ed islamica nonché nella Divina Commedia  il simbolo della scala è sempre presente per condurre le anime o il viaggiatore verso il cielo o verso gli stati dell’anima più puri e luminosi.

Le ascensioni hanno sempre il significato di trascendere la condizione umana ed entrare in livelli cosmici superiori e distinguendo gli iniziati dai profani.

Sia in ambito laico che religioso rappresenta sempre il collegamento con una sfera superiore. La scalinata e i gradini in generale simboleggiano l’ascesa ad un piano superiore in un percorso che avviene per successivi gradi. Chi si solleva alla sfera della vita quotidiana e raggiunge un piano situato più in alto, si trova più vicino alla divinità.

Secondo Sant’Agostino attraverso le varie virtù morali si perviene al culmine della scala, cioè al Sommo Bene.

Esempio illuminate della simbologia deella scala è contenuto nell’affresco, datato 1531, “La Scala di Giacobbe”, di Raffaello Sanzio, facente parte della decorazione della volta della Stanza di Eliodoro nei Musei Vaticani.

Scala di Giacobbe di Raffaello Sanzio – Stanza di Eliosoro – Musei Vaticani

L’affresco rappresenta appunto il sogno biblico di Giacobbe nel quale vi sono angeli che scendono dal cielo sulla terra, e salgono dalla terra verso il cielo per mezzo di una scala a pioli. In terra vi è un uomo addormentato a simboleggiare l’umanità intera, che attende di essere risvegliata dal sonno dell’incoscienza, grazie allo squillare delle trombe divine. Con gli angeli si vuole rappresentare il collegamento tra mondo terreno e mondo celeste, tra l’uomo e divino.

La scala simboleggia anche il percorso che l’uomo deve percorrere per compiere le tappe della Grande Opera alchemica. La scala si compone di 12 pioli. Il numero è carico di significati e  segna il compimento di un ciclo, perché 12 sono le ore del giorno e 12 quelle della notte, 12 sono i mesi dell’anno e ancora 12 sono i segni dello zodiaco. Anche in alchimia ci sono 12 fasi nel processo a cui verrà sottoposta la materia, non a caso 12 è il numero che presiede alle prove iniziatiche, a quel percorso che l’uomo deve fare per raggiungere la propria illuminazione.

La scala è il simbolo principale con cui si raffigura il processo di crescita dell’uomo, l’ascesa progressiva nell’individuazione del sé; la si può trovare nei riti di iniziazione orfici, nei misteri mitriaci e nei riti sciamanici.

Il Fulcanelli, misterioso autore di libri alchemici del XX° secolo, indica che nella cattedrale di Notre-Dame di Parigi il pilastro di mezzo, che divide in due il vano d’ingresso alla cattedrale, reca una serie di rappresentazioni allegoriche delle scienze e delle arti Medievali, che celano i simboli dell’Arte Sacra. Di fronte al sagrato – al posto d’onore – c’è l’immagine dell’Alchimia raffigurata da una donna la cui fronte tocca le nubi; essa siede su in trono e tiene nella mano sinistra uno scettro, che sta a simboleggiare la sovranità, mentre con la mano destra tiene due libri: uno chiuso (esoterismo) e l’altro aperto (essoterismo).

Rappresentazione dell’Alchimia e della Scala Philosophorum – NotreDame de Paris

Appoggiata al petto e posta tra le gambe ha la “scala philosophorum”, simbolo delle nove successive operazioni della fatica ermetica, si deve infatti notare che in questo caso la scala ha nove pioli, diversamente dalla prima tavola del “liber mutus”, trattato di alchimia composto esclusivamente di immagini,  che ne rappresenta 12.

La scala è presente nelle diverse allegorie: la scala delle virtù coi suoi sette pioli, quella dell’ascesi, il cui primo scalino rappresenta il drago del peccato che bisogna calpestare.

Ricorre nelle civiltà antiche la forma di torri a scalini nei templi edificati; si peni alla Ziggurat in Mesopotamia, la stupa nelle regioni indiane di religione Buddista, il “Teocalli” nell’antico Messico, le piramidi a gradini in Perù.

Il percorso ascensionale della scala corrisponde alla disposizione della psiche che desidera avvicinarsi a quella sfera dell’ordinamento cosmico associata al divino.

In tutto il continente asiatico è diffusa la credenza della grande montagna, identificata come l’Himalaya tibetano, costituente  “l’ombelico del mondo”, dal quale nascono grandi fiumi che portano la vita e abbondanza nei territori da essi attraversati. Il mito nasce nella cultura indù dove si parla del monte Meru, noto anche come Sumeru col significato di “magnifico Meru”, riconosciuta come la dimora degli dei, la montagna sacra della mitologia induista e buddhista; essa viene immaginata con l’altezza di circa 450.000 km, si trova al centro dell’universo, nel continente (mitologico) Jambudvipa.

è interessante notare come molti templi induisti, tra cui il tempio di Angkor Wat in Cambogia, sono stati edificati come rappresentazioni simboliche del monte.


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